IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
                           Sezione Seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 845 del 2021,  proposto  dal  sig.  Vito  Francesco
Coppola,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Sandra  Cretella,  con
domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; 
    Contro Azienda sanitaria provinciale di Crotone,  non  costituita
in giudizio; 
    Per l'ottemperanza del decreto ingiuntivo n. 78/2020,  emesso  in
data 2 ottobre 2020 dal Tribunale di Crotone, in funzione di  Giudice
del lavoro. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nella Camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 il
dott. Alberto Ugo e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale. 
I. - I fatti di causa 
    I.1. - Con decreto ingiuntivo n. 78/2020, del 2 ottobre 2020  (RG
n. 1515/2020),  il  Tribunale  di  Crotone  ha  ingiunto  all'Azienda
sanitaria provinciale di Crotone il pagamento,  in  favore  del  sig.
Vito Francesco Coppola, della somma complessiva  di  «euro  31.920,60
oltre interessi legali o rivalutazione come indicato in ricorso  fino
all'effettivo  pagamento,  oltre  spese  e  compensi   del   presente
procedimento che liquida in euro 1.305,00 per compenso  professionale
ed euro 259,00 per spese, oltre spese generali (15%),  IVA  e  C.P.A.
come per legge». 
    Il citato decreto ingiuntivo non e'  stato  opposto  dall'Azienda
sanitaria provinciale di Crotone. Conseguentemente, con provvedimento
in data 4 dicembre  2020,  il  Tribunale  di  Crotone  ha  dichiarato
l'esecutorieta' del decreto ingiuntivo. 
    In data 17 dicembre 2020, il predetto decreto ingiuntivo,  munito
di formula esecutiva, e'  stato  ritualmente  notificato  all'Azienda
sanitaria provinciale di Crotone. 
    I.2.    -    A    fronte     del     perdurante     inadempimento
dell'amministrazione, con ricorso notificato a mezzo PEC in  data  20
maggio 2021, depositato nella Segreteria del  Tribunale  in  data  21
maggio 2021, il ricorrente ha chiesto che il Tribunale amministrativo
regionale adito ordini all'Azienda sanitaria  provinciale di  Crotone
il compimento degli atti utili e necessari a dare piena esecuzione al
giudicato nascente dal predetto decreto ingiuntivo non opposto. 
    I.3. - L'Azienda sanitaria  provinciale  di  Crotone  non  si  e'
costituita in giudizio. 
    I.4.  -  All'udienza  del  14   dicembre   2021,   il   Tribunale
amministrativo regionale ha rilevato che la notifica del  ricorso  in
ottemperanza era stata effettuata ad un  indirizzo  PEC  dell'Azienda
sanitaria provinciale di  Crotone  diverso  da  quello  indicato  nel
Registro  generale  degli  indirizzi  elettronici  (ReGIndE)  e   nel
Registro degli indirizzi elettronici delle pubbliche amministrazioni. 
    Il Tribunale amministrativo regionale ha ordinato,  pertanto,  la
rinotifica del ricorso di  ottemperanza.  Adempimento  che  e'  stato
ritualmente eseguito dal ricorrente. 
    I.5. - Il ricorso e' stato trattato all'udienza camerale  del  23
febbraio 2022 e spedito in decisione. 
II. - La questione di legittimita' costituzionale 
    La fattispecie di cui e' causa  rientra  nell'ambito  applicativo
dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge  21  ottobre
2021, n. 146, come introdotto dalla legge di conversione 17  dicembre
2021, n. 215. 
    E'  opinione  del  Tribunale  amministrativo  regionale  che  sia
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art.  16-septies,  comma  2,  lettera  g),  sopra
citato, per contrasto con l'art. 24 della Costituzione,  da  solo  e,
nella misura in cui riguardi anche il giudizio d'ottemperanza  svolto
davanti al giudice amministrativo, in combinata  lettura  con  l'art.
113 della Costituzione. 
III. - La rilevanza della questione 
    III.1.  -  La  disposizione  della  cui  compatibilita'  con   la
Costituzione si dubita  cosi'  recita:  «al  fine  di  coadiuvare  le
attivita' previste dal  presente  comma  [e  cioe'  le  attivita'  di
controllo,  liquidazione  e  pagamento  delle  fatture,  sia  per  la
gestione corrente che per  il  pregresso,  nonche'  le  attivita'  di
monitoraggio e di gestione  del  contenzioso,  NDR],  assicurando  al
servizio sanitario della Regione Calabria  la  liquidita'  necessaria
allo  svolgimento  delle  predette  attivita'  finalizzate  anche  al
tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti
del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19  del
decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118,  non  possono  essere
intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della
presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». 
    III.2. - La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre
che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice  di  procedura
civile,  anche  al  giudizio  di  ottemperanza,   che,   secondo   la
consolidata  giurisprudenza  amministrativa,  ha  funzione  e  natura
esecutiva, allorche' sia  attivato  ai  fini  dell'esecuzione  di  un
provvedimento del giudice civile. 
    Si e' infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un  titolo
formatosi davanti al giudice  ordinario,  il  giudice  amministrativo
deve svolgere un'attivita' meramente esecutiva senza possibilita'  di
integrare la sentenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez.  VI,  13
maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009,  n.  561;
Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2008, n. 4288; C.G.A.  8  settembre
2014, n. 522), dovendosi limitare all'accertamento dell'esistenza  di
un comportamento omissivo o elusivo  e  all'attuazione  del  disposto
della pronuncia del giudice civile passata in giudicato, trovando  in
essa un limite invalicabile (in tal senso, Cons. Stato, Sez.  IV,  18
gennaio 2016, n. 145). 
    Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al  giudizio  di
ottemperanza la sospensione  delle  procedure  esecutive  individuali
prevista tanto dall'art. 243-bis, comma  4,  decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio
di bilancio di un ente locale (cfr. C.G.A. 28 ottobre 2014,  n.  586;
TAR Sicilia - Catania, Sez. I,  11  luglio  2013,  n.  2045),  quanto
dall'art. 248, comma 2 del medesimo testo normativo per  il  caso  di
dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2018, n.  5184;  TAR
Lazio - Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440). 
    III.3. - Occorre,  a  questo  punto,  prendere  posizione  su  un
orientamento  formatosi   nella   giurisprudenza   amministrativa   a
proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli enti
del servizio sanitario disposta in  passato  con  leggi  che  saranno
richiamate ultra. 
    Un certo orientamento interpretativo (cfr. Cons. Stato, Sez. III,
11 luglio 2013, n. 3726; TAR Calabria - Reggio  Calabria,  31  luglio
2020, n. 480) ha ritenuto che la sospensione operi  soltanto  per  la
fase propriamente esecutiva, svolta dal commissario ad acta  nominato
dal giudice amministrativo. Cio' in quanto l'accoglimento,  da  parte
del giudice, della domanda di  ottemperanza  si  risolve  nell'ordine
alla stessa amministrazione debitrice  di  provvedere  all'esecuzione
entro un dato termine, rafforzando cosi' l'ordine che scaturisce gia'
dal dictum giurisdizionale rimasto ineseguito. 
    Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento  teste'
descritto. 
    Innanzitutto, esso opera una  distinzione,  quanto  agli  effetti
della sospensione, tra la fase dell'ottemperanza  svolta  davanti  al
giudice amministrativo e la fase curata dal commissario  ad  acta  da
esso nominato. Di tale distinzione, pero',  non  v'e'  traccia  nelle
varie previsioni legislative succedutesi, che, come  quella  oggi  in
rilievo, si limitano  a  vietare  che  le  azioni  esecutive  vengano
«intraprese» o «proseguite» nei confronti  degli  enti  del  Servizio
sanitario  nazionale.  Peraltro,  l'uso  del  verbo   «intraprendere»
richiama  semanticamente  e  logicamente   l'attenzione   alla   fase
introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e  cioe'  al  momento  della
proposizione del ricorso. 
    In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale,
se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice
amministrativo  e  quella  che  vede  il  commissario  ad  acta  come
protagonista - hanno come unica finalita'  l'attuazione  del  comando
giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. 
    Infine, una simile opzione ermeneutica  comporterebbe  spreco  di
attivita'  giurisdizionale,  richiedendo  la  pronuncia  del  giudice
amministrativo sulla domanda  di  ottemperanza  senza  che,  poi,  il
privato  possa  ottenere  la  soddisfazione  del   credito   azionato
esecutivamente.   La   stessa   comporterebbe,    inoltre,    elevate
probabilita'  di  incidenti   di   esecuzione   proprio   in   ordine
all'applicabilita' della ridetta sospensione. 
    III.4. - Emerge, dunque, in tutta la sua  evidenza  la  rilevanza
dei dubbi di legittimita' costituzionale. 
    Ai sensi dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), decreto-legge
21 ottobre 2021, n. 146,  infatti,  questo  Tribunale  amministrativo
regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente  e  in  via  del  tutto
preliminare,  improcedibile  il  ricorso  proposto  dal   sig.   Vito
Francesco Coppola. 
IV. - La non manifesta infondatezza della questione 
    IV.1. - Il dubbio  di  incompatibilita'  tra  l'art.  16-septies,
comma 2, lettera g), decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, e  l'art.
24 della Costituzione e' alimentato dall'esame  della  giurisprudenza
della Corte costituzionale. 
    Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in
giudizio  per  la  tutela  dei   propri   diritti   comprende   anche
l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione
del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002). 
    La tutela in sede esecutiva, infatti,  e'  componente  essenziale
del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno
strumento   indispensabile   per    l'effettivita'    della    tutela
giurisdizionale, perche'  consente  al  creditore  di  soddisfare  la
propria pretesa in mancanza di adempimento  spontaneo  da  parte  del
debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n.  198  del
2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del  1998;  ordinanza
n. 331 del 2001). 
    La fase di esecuzione  coattiva  delle  decisioni  di  giustizia,
proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della  funzione
giurisdizionale,   deve   ritenersi   costituzionalmente   necessaria
(sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di  effettivita'
della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante
di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n.  304  del
2011). 
    E' certo  riservata  alla  discrezionalita'  del  legislatore  la
conformazione  degli  istituti  processuali,  con  il  limite   della
manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'  della  disciplina  (ex
plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008);
ma tale limite e' valicato «ogniqualvolta emerga  un'ingiustificabile
compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del  2018;  negli
stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del  2021,  n.  271  del
2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). 
    La  sospensione  delle  procedure  esecutive   deve   costituire,
pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo - che  di
fatto svuoti di contenuto i titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti
nei confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato
da  particolari   esigenze   transitorie   qualora   [...]   siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza
n. 186 del 2013). 
    E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza  di  altri
diritti meritevoli di tutela - puo'  procrastinare  la  soddisfazione
del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche  in  sede
esecutiva. 
    Deve pero' sussistere un ragionevole bilanciamento tra  i  valori
costituzionali   in   conflitto,   da   valutarsi   considerando   la
proporzionalita'  dei  mezzi  scelti  in  relazione   alle   esigenze
obiettive da soddisfare e alle  finalita'  perseguite  (ex  plurimis,
cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011,  n.
229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988). 
    IV.2. - Sulla base dei principi teste' illustrati,  la  Corte  ha
gia' dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186,
l'art. 1, comma 51, legge 13 dicembre 2010, n.  220,  sia  nel  testo
risultante a seguito delle  modificazioni  introdotte  dall'art.  17,
comma 4, lettera e), decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98,  convertito
con modificazioni, con legge 15 luglio 2011, n. 111,  sia  nel  testo
risultante  a  seguito  delle   ulteriori   modificazioni   apportate
dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), decreto-legge 13 settembre
2012, n. 158, convertito con  modificazioni,  con  legge  8  novembre
2012, n. 189, nella parte in cui prevedeva che,  nelle  regioni  gia'
commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro  dei  disavanzi
sanitari,  non  potessero  essere  intraprese  o  proseguite   azioni
esecutive, anche ai sensi dell'art. 112 c.p.a., nei  confronti  delle
aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni  medesime,  fino
al 31 dicembre 2012. 
    La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto
svuoti di contenuto i  titoli  esecutivi  giudiziali  conseguiti  nei
confronti di un soggetto debitore - puo'  ritenersi  giustificato  da
particolari esigenze transitorie  qualora,  per  un  verso,  siffatto
svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale  (sentenze
n. 155  del  2004  e  n.  310  del  2003)  e,  per  altro  verso,  le
disposizioni  di  carattere  processuale  che  incidono  sui  giudizi
pendenti,  determinandone  l'estinzione,  siano  controbilanciate  da
disposizioni  di   carattere   sostanziale   che,   a   loro   volta,
garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione
giudiziale, la sostanziale realizzazione dei  diritti  oggetto  delle
procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). 
    Viceversa, la disposizione  in  quella  sede  censurata,  la  cui
durata nel tempo,  inizialmente  prevista  per  un  anno,  era  stata
differita di ulteriori due anni sino al 31  dicembre  2013,  oltre  a
prevedere la estinzione  delle  procedure  esecutive  iniziate  e  la
contestuale cessazione del vincolo  pignoratizio  gravante  sui  beni
bloccati ad istanza dei creditori  delle  aziende  sanitarie  ubicate
nelle regioni commissariate (con derivante e  definitivo  accollo,  a
carico degli esecutanti, delle spese di esecuzione gia'  affrontate),
non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo  di
ordinate  procedure  concorsuali  garantite  da  adeguata   copertura
finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali
sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. 
    Essa, pertanto, si  poneva,  in  entrambe  le  sue  versioni,  in
contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto, in  conseguenza
della norma censurata, venivano vanificati gli effetti  della  tutela
giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle  aziende
sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. 
    Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi  da  piu'  di  un
triennio,  nella  impossibilita'  di  trarre  dal  titolo   da   loro
conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente connessa,  ma  dovevano,
altresi', sopportare, in  considerazione  dell'automatica  estinzione
(o, nella versione precedente,  della  inefficacia)  delle  procedure
esecutive  gia'  intraprese   e   della   liberazione   dal   vincolo
pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da  loro
anticipati per l'avvio della procedura stessa. 
    Ne' si verificava la condizione che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale, rende legittimo il  blocco  delle  azioni  esecutive,
cioe' la previsione di un meccanismo di risanamento che, come  detto,
canalizzasse in una unica procedura  concorsuale  le  singole  azioni
esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non
si rinvenivano nei  piani  di  rientro  cui  la  disposizione  faceva
riferimento, sicche' la posizione sostanziale dei creditori  trovasse
una modalita' sostitutiva di soddisfazione. 
    La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di
tale tipo di procedura ne' identificava le risorse finanziarie da cui
attingere per il suo eventuale svolgimento. 
    La Corte ha, altresi', considerato rilevante la circostanza  che,
con la disposizione censurata, il legislatore statale  avesse  creato
una fattispecie di ius singulare che  determinava  lo  sbilanciamento
fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di  cui  lo
Stato risponde economicamente, dagli  effetti  pregiudizievoli  della
condanna giudiziaria, con  violazione  del  principio  della  parita'
delle parti di cui all'art. 111 della Costituzione. 
    Ne'  poteva,   infine,   valere   a   giustificare   l'intervento
legislativo censurato il fatto che  questo  potesse  essere  ritenuto
strumentale ad  assicurare  la  continuita'  della  erogazione  delle
funzioni  essenziali  connesse  al  servizio  sanitario:  infatti,  a
presidio di tale essenziale esigenza gia' risultava da  tempo  essere
posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge  18
gennaio 1993, n. 9, convertito con modificazioni, con legge 18  marzo
1993, n. 67, in base alla quale e' assicurata la impignorabilita' dei
fondi a destinazione vincolata essenziali ai  fini  della  erogazione
dei servizi sanitari. 
    IV.3. - Recentissimamente, con la sentenza del 7  dicembre  2021,
n.  236,  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre  2020,
n. 183, convertito con modificazioni, da legge 26 febbraio  2021,  n.
21,  che,  in  ragione  dell'emergenza  derivante  dall'epidemia   di
COVID-19,  aveva  prorogato  la  sospensione   delle   esecuzioni   e
l'inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del  Servizio
sanitario nazionale, gia' precedentemente disposta. 
    Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata
sentenza n. 186 del 2013,  la  Corte  ha  precisato  che,  nonostante
l'evoluzione  dell'emergenza   sanitaria   e   la   possibilita'   di
ricalibrare su di essa la programmazione di  cassa,  la  disposizione
censurata aveva prorogato la misura in danno  dei  creditori  per  un
intero anno senza alcun aggiornamento della  valutazione  comparativa
tra  i  loro  diritti  giudizialmente  accertati  e   gli   interessi
dell'esecutato pubblico. 
    In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del  «blocco»
delle esecuzioni  venivano  lasciati  invariabilmente  a  carico  dei
creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche  soggetti  cui  e'
stato riconosciuto un risarcimento in quanto  gravemente  danneggiati
nella salute o  operatori  economici  a  rischio  di  espulsione  dal
mercato. 
    Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta
sproporzionata e irragionevole per effetto di una  proroga  di  lungo
corso e non bilanciata  da  una  piu'  specifica  ponderazione  degli
interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela  giurisdizionale
ex art. 24 della Costituzione nonche', al contempo, la parita'  delle
parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. 
    Il protratto sacrificio imposto  ai  creditori  sul  piano  della
tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita'
con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una  tutela
alternativa di contenuto sostanziale, che pero' non era  stata  nella
specie predisposta. 
    IV.4. - Ebbene, la disposizione che in questa sede  va  applicata
replica,  a  parere  di  questo  Tribunale,  tutti   i   profili   di
illegittimita'   evidenziati   con    riferimento    ai    precedenti
provvedimenti di sospensione. 
    Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro  anni  (che
si aggiungono ai quasi due anni in  cui,  sino  alla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 236 del  2021,  le  procedure  esecutive  nei
confronti di tutti gli enti del  Servizio  sanitario  nazionale  sono
rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva. 
    Non prevede una  procedura  concorsuale  idonea  a  garantire  la
soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. 
    Crea  un'ingiustificata  disparita'  tra  debitore   pubblico   e
creditori  privati,  tra  i  quali  possono  ben   esservi   soggetti
socialmente o economicamente svantaggiati. 
    Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l'art. 24
della Costituzione, che invece assicura a tutti il diritto ad  agire,
anche esecutivamente. 
    IV.5.  -  La  violazione  dell'art.  24  della  Costituzione   si
apprezza, trattandosi di giudizio di ottemperanza davanti al  giudice
amministrativo, anche in combinato  disposto  con  l'art.  113  della
Costituzione, che assicura  sempre  «la  tutela  giurisdizionale  dei
diritti  e  degli  interessi  legittimi  dinanzi   agli   organi   di
giurisdizione ordinaria o amministrativa» e ne vieta  l'esclusione  o
la limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per  determinate
categorie di atti. 
    Infatti, cio' che la norma  in  questione  determina  e'  proprio
l'impossibilita' per il creditore degli enti del  Servizio  sanitario
regionale della Calabria di ottenere dal  giudice  amministrativo  la
tutela  giurisdizionale  esecutiva,  in  ragione  del   provvedimento
giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario. 
    Risulta, quindi, violato anche l'art. 113 della Costituzione. 
    V. - Il giudizio presente va pertanto sospeso, con  trasmissione,
ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,  degli  atti  alla
Corte   costituzionale,   affinche'   decida   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  che,   con   la   presente   ordinanza,
incidentalmente si pone.